12 giugno 2019

Dopo la parentesi scandinava a quattro ruote ieri ero in fregola per uscire in moto ma non ce l'ho fatta, mancare da casa da quindici giorni anche per un pensionato diventa un accumulo di pippe da sbrigare il prima possibile.
Ma stamattina serei uscito anche con la pioggia.

Alle 5:30 ero già in una situazione incompatibile col sonno, mi sono alzato di soppiatto e sono sceso in garage per controllare le gomme, tirar fuori il traforato e il paraschiena e le scarpe ventilate, i guanti estivi, la bandana di cotone.
Poi in casa a preparare per la colazione, poi siccome Giovanna dormiva della grossa ho prodotto qualche rumore casalingo propiziatorio al risveglio: vuole prepararmi la colazione e farla insieme.

Inizio con lo sterratino che risale l'Idice sulla sponda sinistra,


sempre utile per riscaldarsi, poi via diretto al Passo della Raticosa per un the al limone e una pastina vuota.
La moto sullo sterrato mi sorprede per la facilità di guida, la leggerezza, la capacità di incassare i colpi dovuti alle profonde buche causate dalle piogge del mese scorso.
​​​​​​​La posizione in piedi è naturale, la sella stretta, il manubrio nella giusta posizione e alla giusta altezza.
Sono contento.

In Raticosa ero già stato alcune volte durante il rodaggio, è notevole la dolcezza di erogazione e la capacità del motore di mantenere la sesta marcia anche scendendo intorno ai 3000 giri per poi riprendere accarezzando il gas, senza fregole di velocità.
Sopra i 6mila giri cambia tutto, rumore e carattere, invogliando anche uno come me abituato da anni a motori che gradivano più stare in basso che in alto.

Volendo tenere il mio passo abituale in salita la piccola cilindrata obbliga ad un uso frequente del cambio, mi diverto veramente.
Scendendo invece la sesta fa tutto, piano o allegro che sia, d'altronde scalare in alcune curve genera una musica inebriante.
Un attimo di allerta vedendo una coda e l'elicottero del 118, penso subito al mio vicino di tavolo allo chalet, un signore di poche parole con un Suzuki V-Strom 650 giallo, che è ripartito una mezz'oretta prima di me.
Cambio strada per non veder nulla, salgo al Monte delle Formiche prendendo lo sterrato,


in piedi la posizione è molto naturale, mi fermo incrociando un trattore che scende.


Non posso entrare nel piazzale della Chiesa, ci sono due persone e non voglio disturbarle facendo il maleducato, è chiuso ai veicoli.
Faccio due passi poi riprendo il bolide diretto a casa, non senza una breve sosta all'ombra a godermi la frescura residua della Val di Zena.


Mentre da qualche parte in lontananza una campana suona mezzogiorno.

La moto è adattissima all'uso per cui l'ho presa, l'Appennino e le stradine.
Meno all'autostrada credo ma ancora non so, a meno di fregarsene del frullare del piccolo bicilindrico, viaggiando fra i 5500 e i 7000 per tenere le velocità che ho sempre tenuto con le precedenti moto.
Credo che questa moto di autostrada ne vedrà poca, l'ho dotata di uno splendido accessorio per questo uso: il nuovo piccolo carrello monomoto, il problema sarà l'omologazione del gancio che monterò appena arrivata la T-Cross: si parla di mesi, un po' come l'assistenza medica di questo povero paese.

Al ritorno ho adattato il mio borsino Touratech con nuove cinghiette recuperate da altre vecchie borse, sistemandola sulla sella posteriore.

Sono molto indeciso sulla dotazione da viaggio, non è facile scegliere componenti adatti a questa piccola/grande moto senza stravolgerne l'estetica e senza esagerare nei volumi.